Fare la chef è sempre stato il tuo sogno fin da bambina?
Da bambina mi divertiva molto cucinare e guardare programmi dedicati al tema e la domenica spesso cucinavo per la famiglia aiutando mia madre. La passione, però, è nata in età più adulta, precisamente tra i banchi dell’università, periodo in cui ogni giorno portavo in aula preparazioni diverse da far assaggiare ai miei colleghi di corso.
Da lì ho capito che forse questa mia passione andava coltivata ed approfondita e ho deciso di frequentare dei corsi professionali. È stato tutto molto naturale, non mi sono imposta obiettivi e/o programmi, ho seguito quello che mi sentivo di fare.
Cosa ti ha spinto a frequentare ALMA?
Prima di ALMA ho lavorato in alcuni ristoranti di zona come lavapiatti e aiuto cuoca. Da quelle esperienze ho capito che a me non sarebbe bastato lavorare sodo, ma avevo bisogno di una formazione per acquisire conoscenze e competenze che ancora non avevo.
L’esperienza più bella vissuta durante il corso?
Non ce n’è solo una. ALMA è stata un turbine di emozioni, ma fra tutti ricordo, e ancora mi emoziono, il giorno della consegna degli attestati, momento in cui mi hanno detto che ero la migliore diplomata del corso insieme ad un altro studente. Ero molto commossa e fiera di me e ho dedicato questo importante traguardo alla mia famiglia per il sostegno che mi ha dato e che continua a darmi quotidianamente.
Raccontaci del tuo percorso professionale dopo ALMA e dei maestri che hai incontrato.
Dopo ALMA ho mandato la richiesta per uno stage formativo da Caino della Shef Valeria Piccini. Era il primo ristorante stellato in cui entravo a lavorare, è qui ho conosciuto il mio compagno, di lavoro e di vita, Matteo Compagnucci.
Dopo Caino il mio percorso mi ha portata a Milano per Expo nella gastronomia di Peck, poi ad Oxford come sous-chef presso un ristorante del posto, poi a Copenaghen — per due anni — prima al Noma e poi al Geranium. Infine a Sydney dove ho lavorato dallo chef Neil Perry e dove ho appreso tecniche di cottura sulla brace e della cucina asiatica.
Parliamo del presente: cos’è per te Sintesi, il ristorante ad Ariccia che gestisci insieme Matteo Compagnucci e Carla Scarsella?
Sintesi è il sogno che, con fatica, abbiamo realizzato e stiamo realizzando, è stata la motivazione per rientrare a casa ed investire sul territorio dove sono nata e cresciuta.
Con la mia cucina ho modo di esprimermi e di prendermi cura dei miei clienti. Per me cucinare è davvero un grande atto di amore e sono felice e soddisfatta ogni volta che vedo i miei clienti felici e che tornano a trovarci.
Com’è composta la vostra brigata?
In cucina siamo in 5: io sono al pass e Matteo alle cotture dei secondi e alla guida della pasticceria. È di vitale importanza che ci sia sintonia e cooperazione nella squadra e ci si aiuti a vicenda.
Che tipologia di cucina proponete agli ospiti?
È una cucina che, per le tecniche utilizzate, è molto legata alle esperienze che abbiamo fatto io e Matteo, ma fortemente ispirata al territorio perché utilizziamo molti prodotti che provengono dalle nostre zone. Inoltre, da maggio 2022 abbiamo un orto, che curiamo personalmente, in cui produciamo le verdure che diventano poi protagoniste dei nostri piatti.
È una cucina ricca di contaminazioni e frutto delle esperienze fatte all’estero.
Nei nostri menu, infatti, si possono trovare piatti con richiami asiatici, piatti con note affumicate spiccate o con tendenze acide. Con il tempo stiamo affinando sempre più il nostro gusto, ci confrontiamo costantemente costruendo la nostra identità di cucina con l’obiettivo ultimo di mantenere chiaro e riconoscibile il gusto.
Il piatto che più ti rappresenta?
Sicuramente sono i ravioli di bieta con erbe di campo in brodo di funghi porcini. È un piatto nato dalla volontà di raccontare il territorio e in cui ho scelto di rendere i vegetali protagonisti indiscussi utilizzando la bieta come involucro della farcia. È un piatto vegetale e goloso che colpisce gli occhi ed il palato e che conduce nel bosco dei Castelli Romani.
Hai recentemente vinto “Emergente Chef”, cosa significa per te questo traguardo?
Mi piace stare con i piedi per terra, la vittoria di Emergente Chef è stata per me una grande soddisfazione, ma anche un nuovo stimolo a fare ancora meglio. Ho affrontato Emergente con lo spirito non di arrivare prima, ma di divertirmi. Questo mi ha permesso di vivere la competizione serenamente, mantenendo la mente sgombra dall’ansia e imparando tantissimo dai colleghi presenti.
Com’è Sara Scarsella lontana dai fornelli? Come impegni il tuo tempo libero?
Io lontana dai fornelli non sono tanto diversa da quando sono in cucina. Mi piace sempre pensare al mio lavoro, che per me è ormai uno stile di vita, mi piace conoscere aziende, curare il nostro orto, andare fuori a mangiare e bere e, su tutto, viaggiare. Questa è una cosa mi manca molto fare e che con l’avvio del ristorante non riesco ancora a conciliare bene.
Che consiglio daresti e tutti i ragazzi e le ragazze che ti vedono come un modello di riferimento?
Credo che l’impegno ed il duro lavoro ripaghino sempre. So che questo lavoro può sembrare difficile, siamo costantemente sotto giudizio -dei clienti, delle persone del settore o dei colleghi- e lavoriamo tante ore. Tutti questi aspetti, però, nel mio caso vengono meno quando vedo che il mio lavoro viene apprezzato. Il tutto e subito in questo lavoro, come negli altri, non esiste. Ci vuole pazienza e dedizione, e credo sia necessario tornare a cucinare per prenderci cura delle persone e non per il nostro ego.