Come ci si sente ad essere una figura pionieristica ed innovativa in questo settore del benessere sportivo?
Mi sento onorata, curiosa e aperta ai possibili sviluppi di questo ruolo in continua evoluzione. Come per qualsiasi novità, non esistono linee guida prestabilite: il percorso si costruisce a partire dalla formazione ricevuta. Il “manuale” per il benessere sportivo è il risultato di un’interazione costante con il nutrizionista e il giocatore, basata sull’analisi del piano di allenamento e del calendario degli impegni.
Come ti sei avvicinata a questo mondo? La tua formazione gastronomica in ALMA ha influenzato la tua nuova mansione?
Come spesso accade, è stata una fortuita e fortunata serie di eventi a portarmi qui. Dopo aver concluso un’esperienza di servizio privato in una villa sul Lago di Como, ero in cerca di nuove opportunità.
Grazie ad ALMA e al prezioso supporto del Career Service, ho trovato questo ruolo perfetto per me.
Sicuramente, la mia formazione in ALMA mi ha permesso di sviluppare una mentalità progettuale e di crescere come chef “in divenire”, aperta a un settore in costante trasformazione.
Raccontaci la tua giornata tipo: come ti relazioni con il top player per cui lavori? Lo segui nei suoi spostamenti? Come ti coordini con il nutrizionista della squadra per cui gioca? Chi sceglie il menu e come viene deciso?
L’organizzazione della mia giornata si basa sul calendario degli allenamenti settimanali.
Se non viene richiesto un servizio espresso per la mattina, la giornata inizia con la spesa quotidiana, fondamentale per garantire la freschezza e la qualità delle materie prime.
Il menu cambia a seconda degli impegni e delle prestazioni richieste, senza trascurare i gusti e le preferenze personali del giocatore. L’interazione con il nutrizionista è essenziale per interpretare il fabbisogno energetico, adattando i pasti non solo al benessere fisico, ma anche al piacere del palato.
Il ruolo di Health & Performance Chef per un top player comporta nuove sfide e responsabilità rispetto al lavoro in brigata. Cosa ti piace di più di questa nuova veste?
In questo ruolo, si diventa la propria brigata. Onori e oneri. Anche se si può contare sul supporto di un team eterogeneo, è fondamentale che il personal chef gestisca in prima persona ogni dettaglio del servizio, rendendolo davvero “su misura”. Mi piace la libertà di cercare e selezionare i prodotti, ascoltare direttamente il cliente per costruire un piano alimentare ad hoc e, soprattutto, la flessibilità di reinterpretare ingredienti e ricette in modo creativo e funzionale.
A chi consiglieresti di intraprendere la strada per diventare Personal Chef?
La consiglierei a chiunque abbia passione e curiosità per esplorare nuove avventure professionali, senza paura di affrontare l’ignoto. È importante essere consapevoli che le opportunità si moltiplicano solo se vengono colte. Provare per credere!
Con cosa hai sostituito i piatti iconici dello sportivo, come la pasta al pomodoro o il pollo ai ferri?
Più che sostituire, è una questione di reinterpretare. Si impara a seguire un linguaggio culinario che reinterpreta la tradizione secondo le esigenze nutrizionali dello sportivo, adattando i piatti classici con ingredienti funzionali e moderni.
Qual è il tuo piatto da Health & Performance Chef?
Ad esempio, un’alternativa alla pasta al pomodoro e al pollo ai ferri può essere un piatto di Noodles Shirataki di Konjac con tajine di tacchino, batata (patata dolce), piccole verdure e salsa alle arachidi. È un compromesso che riesce a soddisfare diverse culture gastronomiche, rispettando il basso indice glicemico e l’apporto calorico moderato, senza rinunciare a sapori ricchi e appaganti.