Giovane talento della cucina italiana, Arianna Consiglio si è fatta strada tra le cucine gourmet d’Italia.
Prima il Diploma ALMA al Superiore di Cucina Italiana, poi le esperienze tra Alba e Milano.
L’intervista a Arianna Consiglio, Chef dell’Exit Pastificio Urbano, nuovo ristorante tutto pasta di Milano nato dall’idea dello chef Matias Perdomo, Simon Press e Thomas Piras.
Maturità scientifica, avresti potuto fare qualsiasi altro mestiere, ma ti sei lanciata nella cucina.
Al momento della maturità sono state moltissime le opzioni che ho considerato per il mio percorso post diploma, ma la cucina alla fine ha prevalso. Sicuramente l’amore per la tavola e l’interesse per il buon cibo fanno parte del mio retaggio familiare ma la scelta di intraprendere un percorso professionale di questo genere viene unicamente dalla soddisfazione che il mio lato pragmatico ha trovato in questa disciplina. Nel mondo della cucina non esistono vincoli esterni, esisti tu, la tua dedizione al lavoro e la tua determinazione.
Dopo il Diploma, decidi di iscriverti in ALMA. Perché hai scelto ALMA?
ALMA è stato l’istituto su cui è ricaduta la mia scelta perché fortemente noto come scuola professionalizzante di alto livello. Desideravo entrare nel mondo della cucina e non avendo le basi professionali per farlo. Così ho cercato nella scuola i mezzi per approdare nel panorama gastronomico italiano.
Raccontaci un aneddoto che ricordi con piacere del tuo corso di studi.
Il mio percorso in ALMA conserva un posto speciale nel mio cuore. Ho incontrato grandi maestri e grandissimi amici. Mai dimenticherò una delle mie coinquiline che tutte le mattine si svegliava, preparava il caffè con la moka e urlava “Buongiorno” a tutti dalla finestra del nostro appartamento.
Poi arriva lo stage da “Guido da Costigliole” – Ristorante stellato al Relais San Maurizio dello chef Luca Zecchin.
Dopo la fase residenziale del corso Superiore di Cucina Italiana sono entrata a fare parte della brigata di Luca al Relais San Maurizio. Per me è stata la primissima esperienza in una cucina stellata. Ho imparato rigore tecnica e territorialità, perché si può fare alta cucina mantenendo un’identità gastronomica legata alla cultura e alla tradizione del territorio. Ho trascorso con loro la fase di stage e successivamente altri 6 mesi per vivere la stagione del tartufo in Langa per poi trasferirmi a Milano.
Dopo la tua esperienza in Piemonte, arrivi a Milano: come nasce la collaborazione con Matias Perdomo e Simon Pres al Contraste.
Una volta arrivata a Milano, Contraste non è stata la mia prima esperienza sul territorio, ma sicuramente il primo colpo di fulmine.
Ho lavorato per un anno e mezzo in un piccolo hotel 5 stelle lusso, poi al bistro di Dolce e Gabbana, sempre nell’attesa che i miei ripetuti tentativi di entrare nella brigata del Contraste andassero a buon fine.
Ho conosciuto il Contraste da cliente dopo pochi mesi il mio arrivo a Milano. Da quel momento il mio chiodo fisso era stato entrare a far parte dello staff che aveva creato quella cena che per me era stata indimenticabile. Chiaramente era un posto molto ambito e di rado perdevano qualche dipendente, fino a che un giorno vengo richiamata per un colloquio.
Li conosco Simon in prima persona, che gestiva direttamente il rapporto con i nuovi assunti e che dopo un intenso colloquio e un giorno di prova sceglie di aprirmi le porte di quella cucina, dandomi l’opportunità di mettermi in gioco al 100%. Per lui conserverò sempre un sentito grazie.
Chi è stato al Contraste, non può che raccontare di una cucina di altissimo livello, avanguardista, un’esperienza “magica”. Quanto lavoro c’è dietro, ma soprattutto quali sensazioni ti accompagnavano prima di “entrare in scena”.
La cucina del Contraste è unica nel suo genere, imparare e fare mio il loro stile, la loro impostazione di lavoro e la loro concezione non gerarchica di cucina è stato uno degli sforzi più intensi che io abbia mai compiuto. Come dicono loro però, una volta “entrata nel sistema” viaggi ad una velocità fuori dal comune e con una scioltezza non indifferente che ti fa diventare parte integrante di un qualcosa di davvero unico.
Di cosa ti occupavi nello specifico all’interno della brigata?
Sono entrata come primo ruolo in pasticceria non essendo pasticcera, soffiavo lo zucchero facevo dolci gelati e tutto quanto necessario per portare avanti una partita molto complessa. Ad ogni traguardo però seguiva una ricompensa in stima, in fiducia, in rapporto professionale consolidato e soprattutto in opportunità. Dopo numerosi passaggi intermedi sono uscita dalla loro cucina in veste di capopartita ai caldi, occupandomi di ordini e responsabilità organizzative che mi hanno permesso di crescere come cuoca, ma soprattutto come “direttore d’orchestra”.
Poi lasci Contraste per approdare a “Piazza Duomo”.
Il mio passaggio nella cucina di Enrico Crippa può essere definito come un evento inaspettato e poco programmato, purtroppo breve ma sicuramente significativo per tutto quello che riguarda il lavoro ad alti livelli. Vedere e toccare quella che è l’organizzazione di uno dei più affermati 3 stelle di Italia è stata per me una grandissima occasione e un grande spunto di crescita e riflessione.
Dopo la breve esperienza a Alba, torni a Milano. Questa volta come chef dell’Exit Pastificio Urbano: di che format ristorativo si tratta?
Esperienza breve non per questioni personali ma per coincidenze favorevoli, lascio infatti la cucina di Enrico Crippa nel momento in cui Matias e Simon mi fanno la più grande proposta che io potessi desiderare. Prendere in mano la cucina del nuovissimo Exit pastificio urbano.
Un concept di ristorazione nuovo e unico nel suo genere che vuole giocare quasi tu
tte le sue carte all’interno del mondo della pasta, per accontentare una grossa fetta di appassionati gourmet alla ricerca di autenticità e gusto in ogni piatto.
Sul palco di Identità Golose hai parlato dell’Exit Pastificio Urbano, soffermandoti sul tema del “menu degustazione” tutto a tema pasta.
Inedito è la parola che calza a pennello sul tipo di lavoro di degustazione che stiamo svolgendo.
Ci piace chiamarlo menu “assaggi” piuttosto che degustazione: il nostro obiettivo non è fare vivere al cliente un viaggio comune ma farlo divertire regalando un’esperienza insolita, una serie di assaggi di pasta, brevi ma molto incisivi che giocano all’interno del mondo del carboidrato e della storia della pasta lunga/corta/fresca/secca/ripiena/in brodo attraverso gusti più o meno comfort e più o meno appartenenti alla memoria del gusto.
Cosa dobbiamo aspettarci dal tuo futuro?
Se avessi la risposta, forse perderei l’energia e la carica con cui ogni giorno mi sveglio e corro per scoprire cosa hanno in serbo per me le successive 24 ore. Sette anni fa, quando ho messo piede nella prima cucina, non immaginavo minimamente dove mi sarei trovata oggi, ma la certezza che ho e che la grinta che mi ha portato fino a qui è la stessa e cresce giorno per giorno.
Mi auguro e di continuare a sposare progetti stimolanti e impegnativi come quelli che ho vissuto finora.